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Può l’azienda, al fine di evitare il raggiungimento della soglia di 200.000 €, rinunciare all’importo di agevolazioni già concesse?
Le agevolazioni connesse all’assunzione, sotto forma di sgravi o riduzioni dei contributi a carico dell’impresa, hanno lo scopo di rendere più conveniente per il datore di lavoro aumentare il numero di dipendenti.
In questo articolo analizzeremo i criteri generali per la fruizione delle agevolazioni e la pronuncia del Consiglio di Stato nella sentenza 2792 del 7 aprile 2021. In essa si stabilisce che l’impresa può, per evitare di superare la soglia di 200.000 € nel triennio finanziario, rinunciare a precedenti finanziamenti e aiuti già percepiti.
I criteri generali per la fruizione delle agevolazioni
Nel 2015 è emanato il D.Lgs. n. 150, che ridefinisce i criteri generali per la fruizione di benefici e sgravi contributivi connessi all’assunzione.
Essi sono contenuti nell’articolo 31 del Decreto e possono essere così riassunti:
- L’agevolazione non spetta se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente (derivante da legge o contratto collettivo). Si afferma in questo caso che il datore di lavoro <<non è libero di scegliere chi assumere>>;
- E’ necessario rispettare il diritto di precedenza (ad esempio matura il diritto di precedenza il lavoratore che presta attività lavorativa continuativa per un periodo superiore a 6 mesi presso lo stesso datore di lavoro);
- L’agevolazione non spetta se l’impresa ha in atto sospensioni del lavoro connesse a crisi o riorganizzazione aziendale ( es: cassa integrazione);
- L’agevolazione non spetta se il lavoratore è assunto da un datore che presenta caratteristiche sostanzialmente coincidenti con il datore di lavoro che ha licenziato il lavoratore nei 6 mesi precedenti. E’ una norma antielusiva, che evita che lo stesso datore di lavoro licenzi un lavoratore al solo fine di riassumerlo per godere di un rapporto agevolato.
Come si fruisce delle agevolazioni
Per fruire di un agevolazione su un rapporto di lavoro è necessario effettuare una procedura amministrativa presso l’INPS.
Dal 2010 è operante il “Portale delle Agevolazioni“ (ex Di.Res.Co., ovvero Dichiarazioni di responsabilità del contribuente), che consente ,tramite un web-form, di sottoscrivere telematicamente le dichiarazioni di responsabilità e avere una ricevuta dell’avvenuta comunicazione.
I benefici economici connessi alle agevolazioni sono fruiti mediante conguaglio e rappresentano quindi un credito sul versamento dei contributi previdenziali a carico dell’azienda.
Il possesso del D.U.R.C.
La fruizione dei benefici normativi e contributivi è subordinata al possesso, da parte del datore di lavoro, del D.U.R.C. (Documento Unico di Regolarità Contributiva).
Tale documento attesta la regolarità di un’impresa per quanto concerne il versamento della contribuzione previdenziale ed assistenziale nei confronti di INPS, INAIL e Casse Edili. Per ottenerlo, dal 2015 è attiva una piattaforma (Durc- On Line) che consente la verifica telematica in tempo reale della regolarità .
Il reperimento del DURC avviene tramite interrogazione telematica negli archivi degli enti previdenziali indicando esclusivamente il codice fiscale del soggetto da verificare. Fra i soggetti che sono abilitati al controllo della regolarità contributiva, rientrano anche i consulenti del lavoro.
Se l’interrogazione telematica ha esito positivo viene generato un documento informatico che attesta la regolarità contributiva ed ha validità di 120 giorni dal rilascio.
In caso contrario, viene generato un invito a regolarizzare entro 15 giorni dalla notifica. Le nuove verifiche sono sospese fino a 30 giorni. Se l’irregolarità non viene sanata
L’assenza del DURC, dunque, costituisce causa ostativa al godimento dei benefici derivanti dalle agevolazioni.
La normativa comunitaria sulle agevolazioni
Poichè il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) vieta in generale i cd. “aiuti di stato”, ovvero quegli incentivi ad alcune categorie di soggetti che possono risultare incompatibili col mercato interno e col principio di libera concorrenza, è stato necessario stabilire dei criteri per la concessione degli aiuti.
Tali criteri sono contenuti nel Regolamento UE n. 651 del 2014.
In primo luogo, l’assunzione deve determinare un aumento netto del numero dei dipendenti dell’impresa rispetto ai 12 mesi precedenti (cd. incremento occupazionale netto). Per valutare l’incremento, dunque, si pone a raffronto il numero medio di ULA dell’anno precedente all’assunzione con il numero medio di ULA dell’anno successivo all’assunzione.
Si tenga presente, tuttavia, che il rispetto del requisito incrementale non è richiesto nelle ipotesi in cui si voglia fruire di un aiuto sotto la soglia del cd. “de minimis“.
Infatti, in base alle disposizioni del Reg. UE n. 1407 del 2013, l’importo complessivo degli aiuti concessi da uno Stato membro ad un’impresa non può superare 200.000 € nell’arco di tre esercizi finanziari.
La sentenza del Consiglio di Stato n. 2792 del 2021
Nel quadro così delineato si innesta la sopracitata sentenza.
La vicenda che ha dato origine alla pronuncia si può così riassumere: una azienda aveva richiesto all’INAIL, nel giugno 2015, se al fine di evitare il superamento della sopracitata soglia dei 200.000 € nel triennio, per effetto di precedente finanziamento, occorresse ridurre l’importo del contributo o presentare una variante progettuale che riducesse il costo del progetto previsto.
L’INAIL procedeva ad autorizzare la richiesta di beneficio ma successivamente ritornava sui propri passi chiedendo all’azienda di rinunciare integralmente all’importo del precedente finanziamento.
Dopo un primo e secondo grado di giudizio, e dopo un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea, si stabilisce quanto segue:
- L’azienda può optare, al fine di evitare di superare la soglia dei 200.000 €, per la riduzione del finanziamento richiesto o per la rinuncia (totale o parziale) a precedenti aiuti già richiesti;
- Il controllo esercitato dagli stati membri affinché siano rispettate le norme in materia di cumulo deve avvenire prima di concedere l’aiuto e non al momento della erogazione
La massima che possiamo ricavare dall’interpretazione della Corte è questa: “quando un’impresa faccia legittimamente domanda di un aiuto «de minimis» che, a causa dell’esistenza di aiuti precedenti, porterebbe l’importo complessivo degli aiuti concessi a superare il massimale previsto, l’amministrazione concedente deve consentirle di optare, fino alla definitiva concessione di tale aiuto, per la riduzione del finanziamento richiesto o per la rinuncia, totale o parziale, a precedenti aiuti già percepiti, al fine di non superare tale massimale”.