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Il tirocinio (o stage) è una occasione di impiego molto utilizzata dalle aziende. Spesso, tuttavia, c’è molta confusione su quali siano i diritti e gli obblighi delle parti in questa particolare tipologia di impiego. Con questo articolo andremo a chiarire alcuni dei principali aspetti della normativa.
Il tirocinio formativo e di orientamento è stato introdotti nel nostro ordinamento con L. 196 del 24 giugno del 1997. Tale normativa è stata poi attuata dal D.M. n. 142 del 25 marzo del 1998 e dalle Linee Guida del 2017. Ma cosa è esattamente?
Il tirocinio non è un rapporto di lavoro subordinato
Innanzitutto, è bene chiarire che l’assunzione in stage non dà luogo ad un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze dell’impresa; piuttosto esso si concretizza in un’occasione, per soggetti giovani o svantaggiati, per avvicinarsi ad un determinato settore del mercato del lavoro.
E’ lo stesso D.M. a chiarirlo, all’art. 1, comma 2. Le finalità del tirocinio sono dunque le seguenti:
- realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro;
- agevolare le scelte professionali e la conoscenza del mondo del lavoro.
Il rapporto di tirocinio si instaura, quindi, fra tre soggetti:
- il soggetto promotore (che procede all’attivazione dello stage);
- l’azienda (ospitante);
- il tirocinante.
Tirocinio: i requisiti per attivarlo
L’individuazione dei requisiti soggettivi per i soggetti promotori del tirocinio è demandata alla legislazione regionale. In assenza, possono attivare dei tirocini, fra gli altri:
- i servizi per l’impiego;
- scuole ed Università;
- agenzie per il lavoro;
- istituzioni formative.
Il rapporto di tirocinio si attua mediante una convenzione fra soggetto promotore e azienda ospitante, cui deve essere allegato il progetto formativo, che stabilisce qual è il tipo di tirocinio attivato e gli elementi caratterizzanti, come ad esempio:
- durata;
- attività professionale;
- sede di lavoro;
- orario di lavoro;
- rimborso spese;
- specifiche del progetto formativo.
Il soggetto ospitante deve essere in regola con la normativa sulla sicurezza e con le norme sul collocamento dei disabili. Egli, inoltre, non deve aver effettuato licenziamenti (al di fuori di quelli motivati da giusta causa e giustificato motivo soggettivo) nei 12 mesi precedenti l’attivazione del tirocinio. Non deve, infine, avere procedure di cassa integrazione straordinaria in corso per attività equivalenti a quelle del tirocinio.
Leggi di più: Le Linee Guida del 2017 sull’attivazione dei tirocini in PDF
Chi può essere assunto con il tirocinio?
In base alle linee guida del 2017, sono tre le tipologie di tirocinio attivabili:
- formativo;
- di orientamento;
- di inserimento/reinserimento lavorativo.
Possono essere quindi attivati dei tirocini con le seguenti categorie di soggetti:
- disoccupati;
- beneficiari di strumenti di sostegno al reddito (in costanza di rapporto di lavoro);
- lavoratori a rischio disoccupazione;
- occupati in cerca di altra occupazione;
- soggetti disabili e svantaggiati.
E’ importante sottolineare che, una volta assunto un tirocinante, l’azienda non può realizzare più di un rapporto di tirocinio con il medesimo soggetto.
Quanti tirocini posso attivare?
E’ la legge regionale che deve fissare un limite al numero dei tirocini che possono svolgersi contemporaneamente in azienda. Le Linee Guida prevedono i seguenti parametri:
- un solo tirocinante, nelle unità fino a 5 dipendenti;
- due tirocinanti, nelle unità da 6 a 20 dipendenti;
- il 10%, nelle unità con più di 20 dipendenti.
Leggi di più: il ruolo del consulente del lavoro nell’attivazione dei tirocini
Quanto dura il tirocinio?
La durata massima del tirocinio non può essere superiore ai 12 mesi. Tuttavia, per i soggetti disabili, la durata complessiva del progetto può anche arrivare a 24 mesi. La durata, lo ricordiamo, è stabilita dal progetto formativo, in congruità con gli obiettivi formativi da conseguire e nel rispetto dell’orario giornaliero e settimanale stabilito dal CCNL.
Il rapporto di tirocinio può essere sospeso in caso di malattia lunga (>30 giorni) e può essere anche interrotto a seguito di gravi inadempienze di una delle due parti, o per impossibilità di conseguire gli obiettivi formativi.
La presenza del tutor
L’azienda o ente ospitante deve nominare un tutor. Egli avrà l’importante funzione di affiancamento al tirocinante sul luogo di lavoro e di assicurare lo svolgimento del rapporto in base a quanto stabilito dal progetto formativo.
Anche il soggetto promotore deve nominare un tutor, che prenderà il nome di tutor didattico, che collabora alla stesura del progetto di tirocinio e ne monitora l’andamento.
La tutela assicurativa
Sebbene il rapporto di tirocinio non dia luogo all’obbligo di pagare i contributi INPS, ciò non esonera il datore di lavoro dall’obbligo di assicurare il lavoratore contro gli infortuni sul lavoro e la malattia professionale.
A prevederlo è infatti il DM 142 del 1998 all’articolo 3: i soggetti promotori sono tenuti ad assicurare i tirocinanti contro gli infortuni sul lavoro presso l’INAIL, nonchè stipulare idonea RC. Le attività da assicurare riguardano quelle svolte in base al progetto formativo.
Il premio assicurativo sarà calcolato sulla base della retribuzione annua minima INAIL.
Rimborso spese e sanzioni
In ragione di quanto abbiamo detto, il tirocinio non può essere retribuito (perchè non si tratta di attività di lavoro) ma può (e deve) essere compensato con un rimborso spese o indennità di partecipazione. La misura di tale indennità non è a discrezione dell’azienda, ma la sua determinazione è stabilita dalla normativa regionale (si parte da un minimo di 500 €).
Alla fine del periodo di tirocinio l’azienda o ente ospitante deve effettuare una valutazione delle attività svolte dal tirocinante e delle competenze acquisite. Tale valutazione deve essere contenuta in una apposita attestazione rilasciata dal promotore.
Infine, sono previste sanzioni per la violazione delle regole statali e regionali sullo svolgimento del tirocinio. In caso di violazione, il rapporto di tirocinio può essere riqualificato in rapporto di lavoro subordinato, con applicazione delle relative sanzioni ed obbligo di pagare i contributi assicurativi e previdenziali sin dall’inizio del rapporto.
La violazione dell’obbligo di corrispondere una indennità di partecipazione, tuttavia, si risolve soltanto nell’applicazione di una sanzione amministrativa.