Fra le varie cause previste dall’ordinamento di estinzione del rapporto di lavoro, le dimissioni del lavoratore occupano un ruolo di primo piano. In questo articolo andremo a vedere come fare per rassegnarle e quali obblighi rispettare
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Obbligo di dimissioni del lavoratore telematiche dal 2016
Il decreto attuativo del Jobs Act ha previsto che, dal 12 Marzo 2016, una procedura online per le dimissioni volontarie del lavoratore e per le risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro.
In precedenza, le dimissioni del lavoratore e le risoluzioni consensuali dovevano essere convalidate, in base a quanto previsto dalla legge Fornero. La previsione della possibilità di rendere le dimissioni in forma telematica è un grande passo avanti, in quanto mira a contrastare la diffusa pratica delle cd. dimissioni in bianco.
Ci sono, tuttavia, alcune categorie di lavoratori che sono esclusi da questa procedura telematica:
- le lavoratrici in stato di gravidanza e nei primi tre anni di vita del bambino ( tali regole valgono anche per l’adozione);
- i lavoratori domestici;
- le risoluzioni che sono intervenute in una sede cd. protetta (l’Ispettorato del Lavoro, le commissioni di certificazione, le organizzazioni sindacali o i collegi di conciliazione ed arbitrato).
Il lavoratore deve utilizzare un apposito modulo predefinito, disponibile sul sito del Ministero del Lavoro.
Clicca qui per scaricare il modulo in PDF
Il lavoratore può avvalersi inoltre, per la trasmissione del modulo, di intermediari quali il Consulente del Lavoro.
Entro 7 giorni dalla data di trasmissione del modulo, il lavoratore può revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale con le stesse modalità telematiche (cd. diritto di ripensamento)
Tutto ciò che devi sapere sulle dimissioni del lavoratore
Le dimissioni sono un atto unilaterale recettizio, con il quale il lavoratore manifesta la sua intenzione di recedere dal rapporto di lavoro e che acquistano efficacia una volta giunte a conoscenza del destinatario ( il datore di lavoro).
Nei rapporti a tempo determinato (articolo 2119 del codice civile), al lavoratore e al datore di lavoro non è consentito di recedere prima del termine stabilito se non è presente una giusta causa.
Nei rapporti a tempo indeterminato invece, mentre per il licenziamento è prevista l’obbligatorietà di una causa giustificatrice, le dimissioni possono essere date per qualsiasi motivo.
La disciplina del preavviso nelle dimissioni del lavoratore
In generale, la parte che recede da un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ha l’obbligo di dare un preavviso all’altra parte (così dispone l’art. 2118 del Codice Civile).
Cosa determina il preavviso? Esso fa sì che, fra la notizia della volontà del lavoratore di dimittersi e l’effettiva cessazione del rapporto di lavoro, passi un certo periodo di tempo. Questo lasso di tempo servirà, al datore, per essere in grado di trovare sul mercato un’altra risorsa per sostituire quella che sta lasciando l’impresa. Infatti, i contratti collettivi stabiliscono termini più elevati di preavviso tanto più alti quanto più alta è la qualificazione del lavoratore e la sua anzianità di servizio.
Durante il periodo di preavviso, il rapporto di lavoro continua normalmente e, quindi, le parti sono tenute ad adempiere tutti gli obblighi contenuti nel contratto. In questo caso, si parla di preavviso lavorato. Periodi di malattia, infortunio o gravidanza sospenderanno il periodo di preavviso, che riprenderà a decorrere una volta cessata la causa sospensiva.
Vi è, infine, la possibilità di recedere dal rapporto di lavoro senza dare il preavviso. In questo caso, tuttavia, sul lavorator incombe l’onere di versare una indennità (cd. indennità sostitutiva di preavviso) al datore di lavoro, di importo parti a tanti giorni di retribuzione quanto sarebbero stati quelli di preavviso obbligatorio. Di norma, ciò avverrà tramite una trattenuta effettuata sull’ultimo cedolino paga.
La giusta causa come motivo di dimissioni
L’obbligo di dare un preavviso al datore di lavoro non sussiste se si tratta di dimissioni cd. per giusta causa.
In questo speciale caso, infatti, il lavoratore avrà egli stesso diritto a percepire l’indennità di mancato preavviso dal datore di lavoro, perchè le dimissioni non dipendono da una libera scelta del lavoratore ma da un comportamento colpevole del datore di lavoro.
Ma cosa si intende per giusta causa di recesso?
In realtà, l’articolo 2119 del codice civile non ci dà una definizione concreta di cosa sia la giusta causa, ma la definisce come una causa che non consente la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto di lavoro. In poche parole, deve consistere in un fatto di inaudita gravità, riferibile sia alla sfera contrattuale che alla sfera extra-contrattuale.
Tale giusta causa lede irrimediabilmente il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore (si pensi ad esempio al caso più frequente, che è quello in cui il datore di lavoro non corrisponde per più mesi la retribuzione al lavoratore).
Da quanto abbiamo detto, si evince anche che la giusta causa è una nozione atipica, che deve essere valutata dal giudice caso per caso, a nulla valendo le indicazioni del contratto collettivo applicato, che hanno soltanto una funzione esemplificativa.